mio fratello, ancora lui

venerdì 26 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 46 commenti

Più ci penso e più mi convinco che mio fratello Michele è uno dei più grandi gastronomi, gastrofanatici, intenditori di gastronomia, ditelo come più vi piace, che io conosca.
Mi duole doverlo ammettere ma è così.
Vi ho già raccontato di come a 9 anni sia stato il precursore del sistema della cottura passiva della pasta, con la sua pastamieroconfusoconiltè.
Quello che non vi ho detto è che mio fratello da bambino teneva una sua personale guida dei ristoranti con tanto di punteggio, una cosa serissima, su cui commentava ed annotava tutti i suoi giudizi negativi o positivi che fossero. La guida Michelino.
Credetemi se vi dico che era severissimo, una iena, notava tutto e non graziava nessuno.
Uno dei suoi ristoranti preferiti, chissà se esiste ancora, tutto ciò avveniva agli inizi degli anni 80, era a Viterbo e si chiamava Aquilanti.
Nella sua guida Aquilanti aveva il massimo del punteggio, un po’ come le 3 stelle Michelin o 20/20 nella guida dell’espresso.
Una delle cose che maggiormente aveva colpito l’immaginazione e la fantasia mia e di mio fratello erano le polpette di farro.
Noi, bambini napoletani, non avevamo mai visto il farro, non sapevamo cosa fosse, non si vedeva sulle nostre tavole.
In onore di mio fratello e del signor Aquilanti, chissà dove sarà in questo momento, ho provato a riprodurre le polpette di farro.
Sicuramente le mie non avranno nulla in comune con le originali, saranno passati almeno 25 anni da quando le ho mangiate e per giunta ero una bambina, anzi una poppante…



POLPETTE DI FARRO

Mettere a bagno 300 gr di farro per 4 o 5 ore.
Tritare mezza cipolla con 1 carota e 100 gr di pancetta dolce, fatele appassire in un filo d’olio, aggiungendo dell’acqua.
Aggiungere il farro, ricoprire con del brodo vegetale e portare a cottura, tenendolo ben asciutto.
Salate e aspettate che si raffreddi bene.
A questo punto pesate 200 gr di farro già cotto, aggiungete 2 cucchiai di parmigiano, 1 tuorlo d’uovo e 2 cucchiai di pangrattato e tritare il tutto per qualche secondo nel mixer, mi raccomando solo qualche secondo, in modo che il composto non diventi una purea, ma che restino dei pezzettini di farro.
Nel frattempo fate un battuto di odori e fatelo consumare in un tegame con un filo d’olio allungando con dell’acqua ogni tanto, aggiungete un barattolo di pomodorini di collina (se non li trovate potete anche usare dei pelati o della passata), fate andare per qualche minuto.
Formare delle polpettine con il composto di farro e cuocetele nella salsa di pomodorini per una ventina di minuti circa, scuotendo il tegame ogni tanto,per evitare che attacchino

la verità, vi prego, sulla pasta

mercoledì 24 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 68 commenti


Tutto è cominciato quando ho pensato di partecipare a “m’illumino di meno” la giornata del risparmio energetico proclamata dalla banda di caterpillar, nota trasmissione radiofonica in onda su radio due.
In quell’occasione, in modo assolutamente canzonatorio e ironico e senza alcun intento scientifico o didattico, ho provato il metodo di cottura passivo della pasta di Elio Sironi, chef del Bulgari.
Proprio in quell’occasione ho capito che l’argomento “cottura della pasta” è argomento assai complesso e che sarebbe valsa la pena fare un approfondimento.
Quindi ho interpellato chi di pasta ne capisce sicuramente più di me per dare lumi su una materia su cui, mai come in questo periodo, si è detto tutto ed il contrario di tutto.
Gli esperti in questione sono Mafaldina, autrice del blog del pastificio dei campi di Gragnano ed Emidio Mansi direttore commerciale di Pasta Garofalo, che ringrazio vivamente per aver raccontato la pasta con grande pazienza ed attenzione ad una testona come me.
Spero che leggere questo post possa essere utile per voi come lo è stato per me scriverlo

- Emidio ci spiega quando una pasta può considerarsi una buona pasta.
"La pasta e’ fatta semplicemente di Acqua e Semola di grano duro.
Non si puo’ produrre una pasta eccellente se non si e’ utilizzata una semola eccellente.


Cio’ che determina prioritariamente il livello qualitativo della semola e’ la quantita’ e la qualita’ del Glutine in essa presente.

Il glutine è una sostanza, viscosa, simile alla colla (dal latino gluten = colla), che non si trova tale e quale nel grano, ma si forma per interazione di due proteine, la gliadina e la glutenina, nel momento in cui queste vengono idratate, cioè quando alla semola viene aggiunta l'acqua.

Il glutine si dispone fra i granuli di amido formando un reticolo più o meno uniforme e regolare.

Durante la cottura il granulo di amido assorbe acqua e si gonfia rapidamente fino a rompersi e a liberare nell'acqua il suo contenuto, le due proteine del glutine invece si coagulano formando un reticolo molto compatto che avvolge e cerca di trattenere il più possibile i granuli di amido.

Siccome le due trasformazioni avvengono quasi contemporaneamente, cioè alla stessa temperatura, è inevitabile che si crei una competizione tra l'amido che tende ad assorbire acqua, gonfiandosi fino a rompersi, ed il reticolo proteico che, coagulandosi, tende invece ad impedire questa totale dispersione dell'amido.
E' evidente che una pasta di qualità scadente è quella in cui l'amido ha vinto la competizione e si è quasi totalmente disciolto, dando come risultato una pasta collosa e senza "nervo" ed un'acqua che, al termine della cottura risulterà torbida e imbiancata.

Al contrario una buona pasta sarà quella in cui il glutine, trasformandosi, è riuscito ad impedire all'amido di assorbire acqua a piacere, proteggendo la sostanza interna e quindi non soltanto il sapore stesso della pasta, ma anche la sua naturale consistenza

In sintesi una buona pasta:
Ha colore e odore del grano
L’acqua dopo la cottura deve rimanere limpida e incolore, a parita’ di trafilatura (quella al bronzo rilascia piu’ amido)
Permette di distrarsi, restando tenace anche dopo il tempo di cottura suggerito
Servita nel piatto e’ vivace ed attraente"


- Mafaldina ci illumina sul perché la pasta deve cuocere in abbondante acqua bollente.
"La cottura della pasta è un processo meccanico basato sull’osmosi.
Affinché la pasta si cuocia è infatti necessario che l’acqua penetri all’interno dell’amido facendolo aumentare di volume reidratandolo.

Questo processo di osmosi, che deve avvenire nella maniera più omogenea e veloce possibile, è facilitato dall’alta temperatura e dall’abbondanza di acqua.
La pasta, infatti, per cuocersi in maniera uniforme, deve essere colpita dall’acqua in ogni suo punto e questo avviene meglio se viene fatta cuocere in acqua abbondante e bollente, perché bollendo la pasta si muove continuamente e l’acqua può quindi penetrare in ogni punto della pasta.

Se spegniamo il fuoco durante la cottura e lasciamo la pasta nel tegame con il coperchio chiuso, la temperatura dell’acqua si abbasserà e la pasta tenderà ad ammassarsi.
Per questo l’acqua non riuscirà a penetrare nella parte più interna della pasta o in quella non a contatto con l’acqua.
Il risultato sarà una pasta che tende a restare cruda al centro e a cuocere in maniera eccessiva nella parte esterna (che in quel modo diventa gommosa o collosa, effetto indesiderato dai più)."


Per chi fosse interessato ad approfondire l'argomento consiglio di andare a dare uno sguardo a questo post sul blog del pastificio dei campi

lacrime napoletane

lunedì 22 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 46 commenti



Vi avviso in anticipo, questa ricetta ha 2 gravissime controindicazioni:
1) essendo a base di cipolle, molte cipolle, verserete lacrime, molte lacrime nell’affettarle (nel caso in cui aveste un metodo infallibile per evitare le lacrime, siete pregati di comunicarmelo, io li ho provati tutti, maschera subacquea compresa, ma invano)
2) per la stessa ragione di cui la punto 1, a cui dovrete aggiungere il fatto che necessita di cottura molto lunga, vi vedrete costretti a traslocare per qualche giorno. L’odore di cipolle si impossesserà di ogni più nascosto anfratto della vostra abitazione e del vostro corpo.
Io vi consiglio vivamente di andare a cucinarla a casa della suocera petulante, dell’odiosa cognata, o dell’amica perennemente in ritardo.

Con queste premesse vi chiederete perchè mai dovreste anche solo pensare di farla, la risposta è semplice, la genovese è buonissima.
La genovese è, nonostante il nome, un tipico piatto napoletano, chiamata così probabilmente per il fatto che nell’antichità attorno al porto di Napoli esistessero molte trattorie gestite da cuochi genovesi, che pare cucinassero la carne in questo modo.
Secondo il mio modesto parere la morte del sugo alla genovese è con lo zito spezzato.
Quando spezzate gli ziti si formano dei piccoli angolini, una sorta di sfrido (vi invito a riguardare la foto di apertura del post), ebbene questa minutaglia che resta sul fondo del piatto, raccoglie tutto il sugo ed è la parte più buona.
Praticamente si fa una scarpetta con la pasta


GENOVESE
1,200 cipolle dorate
700 gr di carne di manzo (se dovete mangiarla come secondo piatto a Napoli usiamo il lacerto che penso corrisponda al girello nel resto dell’Italia)
150 gr di gambuccio di prosciutto crudo
2 carote
1 gambo di sedano
50 gr di burro
Olio
1 bicchiere di vino bianco
Sale

Tritare tutti gli odori insieme al prosciutto crudo e legare il pezzo di carne con uno spago da cucina.
Mettere in un tegame largo l’olio e il burro insieme a tutti gli odori, il prosciutto, la carne, e il sale e far cuocere con coperchio e a fuoco lentissimo per circa 3 ore.
A questo punto eliminate la carne per evitare che si disfi completamente e continuare la cottura degli odori ancora per un paio di ore, le cipolle dovranno diventare una sorta di crema bella densa e scura ( se dovesse servire aggiungere un po’ di acqua ogni tanto).
Rimettere la carne nelle cipolle, aggiungere 1 bicchiere abbondante di vino bianco e fare evaporare. Se il sugo risultasse troppo denso aggiungere un po’ d’acqua.
Condire la pasta e aggiungere parmigiano grattugiato.
La carne si mangia come secondo piatto

a me la doxa mi fa un baffo

venerdì 19 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 52 commenti


A volte può capitare che ti crollino delle certezze, che i tuoi punti di riferimento vengano meno all'improvviso, può capitare che Romina e Al Bano divorzino, o puoi scoprire che a Milano la nebbia non esista più.
Io ero più che sicura che la pasta al gratin fosse un piatto nazionale, un po’ come la pasta aglio e olio, poi mi è capitato di parlarne con un paio di amiche non napoletane che non sapevano cosa fosse.
Allora il dubbio si è insinuato in me e, per svelare l'arcano mistero della pasta al gratin, ho portato avanti un mio personale sondaggio.
Ho intervistato 20 persone nate e cresciute fuori dal territorio campano, con età compresa tra i 20 e gli 80 anni, di sesso femminile, ed ho posto loro i seguenti quesiti: 1) conoscete la pasta al gratin? 2) l’avete mai mangiata? 3) l’avete almeno mai sentita nominare?
Con mio sommo smarrimento l’80% degli intervistati ha risposto NO a tutti e 3 i quesiti posti.
E allora mi è definitivamente crollata un’altra certezza: la pasta al gratin non è un piatto conosciuto in tutto il territorio nazionale.
Ma d’altra parte Al Bano oramai sta con la Lecciso (o neanche più con lei??) e lo smog ha scacciato la nebbia milanese.
Anche stavolta dovrò farmene una ragione

PASTA AL GRATIN (anzi, al GRATTE')

Io ho utilizzato le tagliatelle, a casa Esposito si usano i bucatini e Jean Carola usa i mezzani, comunque cercate di utilizzare una pasta che si assesti bene in forno.

Per 8/10 persone (teglia 25 x 25)

700 gr di pasta
150 gr di parmigiano grattugiato
200 gr di provola affumicata o fiordilatte lasciati riposare in frigo per evitare che rilascino liquido
100 gr di prosciutto cotto
Pane grattugiato per gratinare

Per la bechamel
1lt e ½ di latte
100 gr di burro
100 gr di farina
Sale

Per i pisellini
150 gr di pisellini freschi sgranati, se è stagione, altrimenti io uso i pisellini primavera findus
½ cipollina tagliata sottile
50 gr prosciutto crudo a pezzetti
Olio
Sale

Preparare la bechamel facendo sciogliere il burro a fuoco basso in un tegame, aggiungere la farina e mescolare fino ad ottenere una cremina liscia, aggiungere lentamente il latte continuando a mescolare e portare ad ebollizione. Salare

Preparare i pisellini facendo consumare la cipolla in un filo d’olio, aggiungere il prosciutto a pezzetti e poi i pisellini, salare e terminare la cottura, aggiungendo eventualmente del liquido

Preparare una teglia da forno e versare sul fondo un velo di bechamel.
Lessare la pasta molto al dente (calcolate la metà del tempo di cottura che impieghereste di solito), scolarla e condirla con la bechamel (avendo cura di tenerne da parte un mestolo) e con una parte del parmigiano grattugiato.
Versare metà della pasta nella teglia, ricoprirla con i pisellini, la provola a pezzetti, il prosciutto cotto a pezzetti, un po’ di parmigiano.
Ricoprire con il resto della pasta, con il mestolo di bechamel che avevate tenuto da parte, con il restante parmigiano e spolverare con del pan grattato.
Infornare a 180 gradi per una mezz’ora circa (o comunque finchè non si formi una bella crosticina dorata).
Lasciare assestare una decina di minuti e portare in tavola

ardo e oso

mercoledì 17 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 37 commenti


Lo confesso, io ho un pusher pugliese che esaudisce ogni mio desiderio.
Che avete capito, nessuna sostanza stupefacente (io non fumo e sono pure astemia!!!): solo pasta, olio, formaggi, taralli. Beh, in effetti anche queste sono sostanze stupefacenti…
L’ultimo dei miei desideri è stato la farina di grano arso*, neanche il tempo di desiderarla che si è materializzata a Milano.
E siccome sono estremamente buona, l’ho anche divisa con le amiche!!!
Ho provato a farci una focaccia, mi sono ricordata che proprio il mio pusher me ne aveva parlato.
Farina di grano duro, una percentuale di farina di grano arso e lievito madre., un pò a sentimento.
Certo ho visto alveolature più belle nella mia vita, ma a parte questo il risultato mi ha alquanto soddisfatto.


FOCACCIA DI GRANO ARSO E LIEVITO MADRE

100 gr di lievito madre rinfrescato il giorno prima
220 gr di farina di grano duro
80 gr di farina di grano arso
160 gr di acqua
1 cucchiano di sale fino
2 cucchiai di olio
10 gr di olio e.v.o. e 10 gr di acqua da emulsionare sulla focaccia

La sera impastate il lievito madre con 150 gr di farina di grano duro e 80 gr di acqua e lasciare riposare tutta la notte.

La mattina riprendete l’impasto, aggiungete la restante farina e l’acqua e cominciate ad impastare energicamente (io uso il gancio del Kenwood), aggiungete l’olio ed il sale e fateli assorbire per bene.
Mettere a lievitare in luogo coperto ed al caldo, ungendo leggermente la superficie, per circa 8 ore.

Sgonfiate l’impasto e stendetelo con le mani su una placca 20 x 25, spennellatelo con un’emulsione di acqua e olio e.v.o. e fate lievitare in luogo caldo fino al raddoppio.
Vi ci vorranno circa 4 ore.

Infornate a 220 gradi per una ventina di minuti



* la farina di grano arso, tipica di alcune zone della Puglia, è ottenuta dal grano recuperato dalle stoppie bruciate dopo la mietitura.


Con il grano arso i troccoli di Virginia e il pane di Diletta

è finita l'era delle polpette

lunedì 15 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 35 commenti



In più di un’occasione ho dichiarato che io e la carne non siamo mai andati molto d’accordo.
Mi piace solo se cucinata molto bene, io non la so cucinare molto bene e quindi la preparo molto poco, per lo più preparo polpette a dire il vero.
In realtà col tempo ho capito che quello che io provo nei confronti della carne è una sorta di timore, timore dovuto alla mia scarsa, anzi quasi nulla, conoscenza sull’argomento.
Quando c’è stata l’occasione di poter partecipare ad un corso sulla carne con uno chef molto competente e disponibile oltre che estremamente sensibile, Lorenzo Secondi, ho capito che era arrivato il momento di affrontare il toro per le corna e riconciliarmi con lei.
Sono fiera di presentarvi la mia prima tagliata, bella al sangue, tenera e non fredda, come potete notare a me piace praticamene cruda.
Come ha detto un mio carissimo amico "è finalmente finita l'era delle polpette".


LA TAGLIATA DI CARNE
Seguendo pedissequamente le istruzioni di Lorenzo Secondi

1 pezzo di roastbeef
Olio
Sale
Erbe a piacere (rosmarino, maggiorana e timo)

Tagliare il pezzo di roastbeef in fette spesse un paio di dita
Mettere a scaldare una padella antiaderente sul fuoco bello vivo.
Quando la padella sarà bella calda aggiungere un filo d’olio (non prima sennò l’olio brucia)
Salare ed eventualmente pepare la superficie della carne e metterla sulla padella bella calda.
Far cuocere 2 o 3 minuti per parte (naturalmente la cottura dipende da quanto al sangue vi piace).
Nel frattempo accendere il forno a 50 gradi e preparare un foglio di carta stagnola ricoperto da carta assorbente, mettete anche qualche rametto delle erbe che preferite sulla carta assorbente.
Togliere dal fuoco la fetta di carne e avvolgerla ben bene nella carta stagnola.
Così impacchettata mettete la carne nel forno ad una temperatura di 40 gradi circa, a questa temperatura il pezzo di carne non continua la sua cottura (in realtà può andar bene anche il termosifone).
Questo passaggio è molto importante perché 1) con questo riposo il sangue defluisce verso l’esterno e la carne diventa più tenera 2) il sangue viene assorbito dalla carta assorbente e la carne resta ben al sangue ma non sanguinolenta 3) il cuore della carne ha il tempo di riscaldarsi e non avrete così la sensazione della carne al sangue sì, ma fredda.
Dopo un riposo di un quarto d’ora circa (ma il riposo può tranquillamente essere prolungato tanto la carne non continua la cottura) disfare il pacchettino di stagnola, tagliare la fetta di carne in pezzi perpendicolari alle fibre e servite come meglio credete


Spero di aver messo bene in pratica i consigli e i suggerimenti che il bravissimo Lorenzo Secondi, con la valida assistenza di Marco Perucco, ha dato a Diletta, Virginia e a me ad un corso sulla carne da Perucco a Ternate in provincia di Varese.


m'illumino di meno, la cottura passiva della pasta e la rivincita di mio fratello

venerdì 12 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 62 commenti


Ero sul punto di non partecipare a "m'illumino di meno", la giornata del risparmio energetico proclamata dalla banda di caterpillar, nota trasmissione in onda su radio2.
Non mi veniva in mente proprio nulla di “poco energetico”.
Poi è venuto in mio soccorso nientepopòdimenochè Elio Sironi, chef del Bulgari di Milano.
Non che Elio Sironi mi abbia chiamato al cellulare e mi abbia dato qualche saggio suggerimento, neanche che mi sia venuto in sogno declamando la soluzione ai miei problemi, semplicemente che Elio Sironi, la settimana scorsa ad Identità Golose, ha portato all’attenzione dei partecipanti al congresso il metodo di cottura della pasta che sta sperimentando nelle sue cucine: la cottura passiva.
In breve Elio Sironi porta l’acqua ad ebollizione, cala la pasta, lascia che l’acqua riprenda il suo bollore, aspetta 2 minuti, copre la pentola con il suo coperchio, spegne il fuoco e termina la cottura a fuoco spento.
Beh, un gran bel risparmio di gas, non c’è che dire, ma non viene fuori un gran papocchio?
Dovevo assolutamente provare e vi spiego il perché.
Una delle prime volte che da piccolo mio fratello era rimasto solo in casa, avrà avuto più o meno 5 anni, con grande fierezza aveva deciso di prepararsi un piatto di pasta tutto da solo, aveva fatto bollire l’acqua, l’aveva salata, e fin qui tutto secondo la regola, poi però aveva pensato bene di spegnere il fuoco e a quel punto di calare la pasta: si era confuso con il tè, aveva ammesso il piccolino!!!!
In quell’occasione non era venuto fuori proprio un piatto da gran gourmet, chissà se anche Sironi da bambino non abbia confuso, come mio fratello, la pasta con il tè, e partendo da quell’insuccesso, non abbia poi perfezionato la sua cottura passiva.
Insomma, per rendere giustizia a mio fratello, che viene ancora deriso dopo 30 anni, io ci ho provato.

Ho usato uno spaghetto di buona qualità, ed ho seguito proprio le indicazioni di Sironi, ho portato l’acqua ad ebollizione, ho calato la pasta, ho fatto riprendere il bollore, aspettato 2 minuti, messo il coperchio, ho spento ed ho lasciato che cuocesse passivamente, rispettando i tempi di cottura indicati sulla confezione della pasta utilizzata.
Ho scolato, e condito con un filo d’olio buono e dell’ottimo parmigiano grattugiato, nel pieno rispetto del risparmio energetico a cui questa giornata è dedicata.
La pasta era cotta bene e al dente, se abbia mantenuto un maggior quantitativo di principi nutritivi rispetto alla cottura canonica e se l'amido e il glutine non si siano dispersi nell'acqua, come sostiene Sironi, questo non ho gli strumenti per dirlo, posso solo testimoniare che la pasta era ben cotta e posso affermare senza tema di essere smentita che mio fratello Michele è stato veramente un incompreso precursore.

CORREGGO: mi ha chiamato mia madre per dirmi che mio fratello aveva 9 e non 5 anni all'epoca dei fatti, se avesse avuto 5 anni sarebbbe stata una madre snaturata a fargli utilizzare i fuochi!!!

PRECISO: come ho scritto nei commenti ho usato le pentole della AMC, che hanno un fondo molto spesso, che trattiene a lungo il calore, ed un coperchio perfettamente aderente

non c'è 2 senza 3

mercoledì 10 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 40 commenti



Voi ve la ricordate la signora Pina Fantozzi quando si innamora del panettiere Abatantuono?
Ogni stipetto, ogni scaffale, ogni cassetto di casa Fantozzi strabordava di pane.
No, non sto cercando di dirvi che mi sono innamorata del pescivendolo, ma solo che ho trovato il tonno in offerta, e siccome ho gli occhi più grandi dello stomaco e sono anche una persona che si lascia trasportare dall’entusiasmo, devo aver esagerato un po’ con le dosi.
Insomma non sapevo più come cucinarlo questo benedetto tonno.
Per vostra e per mia fortuna sono finalmente riuscita a farlo fuori tutto e la mia vita può tornare alla normalità.
Dopo lo spezzatino ai carciofi ed il ragù bianco, ecco una ricetta liberamente tratta da “a tutto tonno” di Carmelo Chiaramonte.
Lui usa il cuore di tonno, io neanche sapevo che il tonno avesse un cuore, lui lo accompagna con la cipolla cruda, io la cipolla cruda non la digerisco, lui ci mette delle foglioline di finocchio, io odio il finocchio, lui usa olio di semi di girasole per friggere, a me piace la frittura con olio d’oliva ed uso quello pugliese, bello strong.
Insomma, un’altra cosa


BOCCONCINI DI TONNO DORATI AL SESAMO

150 gr di tonno fresco tagliato a cubetti
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di farina
1 uovo
1 cucchiaio abbondante di semi di sesamo
1 cucchiaio abbondante di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio abbondante di pan grattato
2 o 3 arance
Sale
Olio per friggere (io uso l’extra vergine pugliese)

Strofinare i pezzetti di tonno con l’aglio, passarli nella farina e poi nell' uovo sbattuto e salato.
Mescolare il sesamo, il parmigiano e il pangrattato, salare e panare i bocconcini in maniera uniforme.
Friggere in olio ben caldo in modo tale che si formi subito una bella crosticina dorata e il cuore del pezzetto di tonno resti roseo.
Asciugare bene dall’olio in eccesso e accompagnare il bocconcino con una fetta d’arancia pelata al vivo

come pinocchio nel paese dei balocchi

lunedì 8 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 39 commenti

Penso di sapere cosa abbia provato Pinocchio nel paese dei balocchi.
A Natale la Garofalo mi ha fatto omaggio del pacco D.O.C..
Ogni ben di Dio lì pronto ad essere utilizzato, dovevo solo dar libero sfogo alla mia immaginazione e farne un degno uso.
Non avevo che l’imbarazzo della scelta: legumi, pomodori, olio, naturalmente pasta.
Le prime ad essersi immolate sono state le cicerchie.
Oggi è stato il turno delle pappardelle integrali, belle callose e rugose, come piacciono a me, e della polvere di peperoncini di Controne (e pensare che conoscevo Controne solo per i suoi fagioli), un profumo che vorresti infilarci il naso dentro.
Avevo un avanzo di tonno, era in offerta al supermercato e devo aver un po’ esagerato con i quantitativi, così ho pensato ad un ragù.
Devo aver pensato bene visto che in 2 ci siamo fatti fuori 3 etti di pasta!!!



RAGU’ BIANCO DI TONNO
Per circa 300 gr di pasta

1 gambo di sedano
½ cipolla bianca piccola
1 manciata di capperi sotto sale dissalati
100 gr di tonno fresco tritato finemente a coltello
Olio e.v.o. d’oliva
½ bicchiere di vino rosso
Polvere di peperoncino di controne

Tritare il sedano con la cipolla ed i capperi dissalati, farli consumare in un tegame con dell’olio e.v.o., aggiungendo un po’ d’acqua, se necessario, perché si consumino per bene.
Aggiungere il tonno e dopo qualche minuto il vino rosso, farlo evaporare, salate ed aggiungete una spolverata di peperoncino.

Lessare la pasta al dente e saltarla in padella con il ragù aggiungendo 1 mestolino di acqua di cottura

il triste ritorno alla dura realtà

venerdì 5 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 25 commenti

Per 2 giorni mi sono sentita un po’ 3 metri sopra il cielo (vi prego di perdonare questa pessima citazione, ma mi sembrava calzante), un po’ come Alice nel paese delle meraviglie, un po’ come quando andate per la prima volta agli Uffizi e vi ritrovate davanti tutti quei capolavori che avete studiato e visto solo sui libri.
Due giorni irreali ad Identità golose tra le eccellenze della cucina internazionale, a sentir parlare persone di cui avevo solo letto i libri o visto in foto, a mangiare culatelli, sushi espressi, formaggi blasonati e olii con il pedigree.
Per carità non sono mancate le paste limacciose e le grandi delusioni, ma quelle servono a riportarti alla realtà.
Dunque dicevo, dopo 2 giorni così, tornare a spignattare ti fa sentire piccola e inutile, ma io non sono un genio e neanche ho velleità di esserlo, quindi torno alla mia cucina scalcagnata e con un po’ di pudore vi propongo quello che ho mangiato ieri: uno spezzatino di tonno e carciofi, veloce, semplice e senza grandi pretese



SPEZZATINO DI TONNO E CARCIOFI
Per 2 persone
½ cipolla bianca
2 carciofi
100 gr di tonno fresco tagliato a cubetti
5 o 6 olive taggiasche sott’olio
Qualche pinolo tostato

Affettare la cipolla molto sottile e fatela appassire in una padella con un filo d’olio, aggiungendo un po’ d’acqua se necessario.
Nel frattempo pulire i carciofi e fateli a fette sottili, versarli nella padella con le cipolle e fateli cuocere fino a che non diventeranno teneri, aggiungere le olive e i pinoli e salare.
Scottare per pochissimi minuti il tonno in una padella a parte, poi versarlo nel tegame con i carciofi e fare insaporire il tutto per pochi minuti

lettera aperta a Massimo Bottura

mercoledì 3 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 32 commenti

Milano, identità golose 2010


Carissimo Sig. Bottura,
vorrei ringraziarLa, Lei non mi conosce e non sa nemmeno io chi sia, ma non posso proprio fare a meno di dirle che Lei lunedì mattina mi ha emozionato.
Le sue parole, l’entusiasmo e la passione che infonde in quello che fa, il suo carisma, la sua energia, la sua coerenza e rettitudine, la sua professionalità e la sua umanità, mi hanno letteralmente conquistata.
Grazie mille, sig. Bottura, era tanto che non provavo un groppo alla gola, che non mi venivano i brividi, che non mi si chiudeva lo stomaco (so che una cosa del genere detta ad uno chef potrebbe sembrare non bella, ma la accetti come un complimento!!!).
Cercherò, per quanto possibile, di raccontare con delle immagini (mi scusi per la qualità mediocre) e con le sue parole, l'alchimia che si è creata lunedì nella sala auditorium di Identità Golose 2010.
Spero non me ne voglia.
Sua devota
L.C.

“Quando le idee trovano una forma di espressione possono vivere per l'eternità"




“Fare ricerca è un modo di esprimere le proprie passioni, la maggior parte delle volte la ricerca non paga e non è capita. A volte si è come salmoni che nuotano contro corrente”

“Un consiglio per i giovani: confrontatevi, imparate ma non dimenticate mai chi siete e da dove venite”

“Fare avanguardia significa conoscere tutto e dimenticarsi di tutto”


“ Noi siamo cuochi, artigiani, il nostro fine ultimo è il risultato al palato, altrimenti la nostra è creatività sterile”

“Le polemiche non portano a nulla, impediscono solo la diffusione della cucina italiana nel mondo”


E mentre Lei era lì che si emozionava emozionandoci, che ci raccontava dei suoi viaggi, delle sue esperienze, delle sue ricerche, della sua squadra, mentre Ducasse la abbracciava e la osannava, c’era chi faceva disinformazione arrogante, strisciante, oltre che inutile

Non badi a loro e vada avanti per la sua strada

P.S.
Per quei pochissimi che ancora non sanno chi sia Massimo Bottura rimando alla sua biografia sul sito dell'osteria francescana

habemus vincitores!!!

lunedì 1 febbraio 2010

Pubblicato da Lydia 36 commenti

Possiamo tornare a dormire sonni tranquilli (si fa per dire, vista la mia insonnia congenita), possiamo smantellare il tavolo delle contrattazioni e tornare a rilassarci, dopo solo 15 giorni, 6 ore e 12 minuti dalla chiusura del contest posta la pasta, in collaborazione con Pasta Garofalo, abbiamo i vincitori.


Primo posto come migliore ricetta : cacio e pepe alla giudia di Arteteca



Secondo posto: pasta con i broccoli arriminati di Enza, io da grande



Premio come miglior fotografia: bigoli con le acciughe Virginia, lo spilucchino.




Grazie a tutti i partecipanti e grazie all'entusiasmo, alla competenza e alla gentilezza del team Garofalo.
Per le motivazioni della nostra scelta andate da Giovanna, che lei è più brava di me con le parole